Pezzo pubblicato sul n. 3 (ottobre 2015) della rivista Il Teatro e il Mondo, p. 12.
“All’inizio volevo fare l’attore, poi sono passato alla regia, non avrei mai pensato di scrivere un testo”. Nemmeno per Stefano Massini il primo passo è stato immediato. Oggi che è alla guida del Piccolo Teatro di Milano, mentre i suoi testi vanno in scena in quindici diversi Paesi, il drammaturgo non dimentica i suoi primi passi. “Fu Ronconi a invitarmi a scrivere. Quando ero suo assistente, fui incaricato di tenere un giornale di bordo delle prove: doveva essere poco più di un ordine del giorno, ma io lo interpretai come uno spazio espressivo. Quando lo lesse, Luca mi disse ‘hai pensato di scrivere per il teatro?’”. Gli inizi non furono facili. “Mi fu subito detto, da varie parti, che era meglio se smettevo: i miei lavori erano molto lontani da quello che ci si aspettava da un venticinquenne. Mi ero quasi convinto, ma provai comunque a mandare un testo al Premio Tondelli (L’odore assordante del bianco, n.d.r.), e lo vinsi”.
Artista poliedrico, Massini continua tuttora a dirigere molti suoi testi (l’ultimo, Schenzen, ha debuttato a maggio al Teatro delle Donne) e ha insegnato fino a giugno recitazione. “Sono stato anche macchinista! Negli anni dell’università, l’ho sempre fatto volentieri. Io sono convinto che al di là dei ruoli scritti in locandina, queste cose siano profondamente collegate. Non esiste un buon autore teatrale che non abbia delle idee di regia, o un regista che non sappia recitare. Quando Strehler, Castri o Ronconi facevano sentire come doveva essere recitata una scena, erano degli attori straordinari. Della scrittura mi piace il fatto che puoi stabilire tu i tempi, puoi prenderti anche quattro anni, mentre ormai per le regie hai a disposizione poche settimane”.
Nel corso degli anni, il suo modo di scrivere è profondamente cambiato. “All’inizio pensavo che ci fosse un solo modo: il dialogo fra personaggi. Poi sono arrivato a lavori come Lehman Trilogy o Donna non rieducabile dove le battute non sono più assegnate, sono scritti come un continuo, e spetta al regista distribuire il testo agli attori. Ho sempre amato un teatro antiminimalista, parente della letteratura, intesa come narrativa. All’inizio introducevo i miei testi con lunghissime didascalie ambientali, non certo per una particolare fissazione alla Visconti, ma per inserire il lettore e l’attore in un particolare sistema d’immagini. Questo l’ho abbandonato, perché devi sempre fare tabula rasa, ricominciare da zero. Ma non ho perso questo interesse ‘letterario’”. E così Lehman Trilogy adesso diventa un romanzo, così com’è, senza modifiche, e sarà pubblicato a ottobre da Mondadori. “È una soddisfazione enorme: è lo sdoganamento del teatro, che supera i suoi confini. Il sistema dei segni è talmente cambiato che certi spartiacque oggi sono aboliti, le differenze fra i generi espressivi iniziano a sparire”.
Ora che è al Piccolo, cerca di aprire le porte per la nuova drammaturgia. “Stiamo avviando un comitato di lettura che possa visionare tutti i testi inviati al teatro. Oggi se scrivi qualcosa devi solo sperare che il direttore abbia il tempo di leggerla, mentre in molti paesi è normale che ci sia un gruppo di esperti addetti a setacciare materiale per nuove produzioni. Ho chiesto anche di fare un censimento dei più grandi centri di drammaturgia internazionali, per analizzare i loro progetti e prendere il meglio. E ancora: una rubrica mensile, sul nostro sito, affidata a critici e specialisti, che possa essere un sismografo di quel che sta accadendo nella nuova drammaturgia in Italia”. Da sempre interessato all’insegnamento, ha diretto fino a giugno la Calenzano Teatro Formazione e per FTS ha coordinato un gruppo di allievi che hanno curato la presentazioni degli spettacoli in stagione. “Io penso che una scuola di scrittura dovrebbe essere un frullatore di stimoli e suggestioni. Ho avuto la fortuna di avere dei maestri, di conoscere grandi registi internazionali che mi hanno molto motivato. Bisogna trovare un tratto personale e avere fiducia in quel che si fa”.
Gherardo Vitali Rosati
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