«Così il sogno di Enrico Pecci diventò realtà»

Domenica 18 novembre 2018, Corriere Fiorentino.

“Ogni volta che tornava dall’estero, Enrico Pecci ci portava un report precisissimo sui musei che aveva visitato. Notava tutto: dal funzionamento del guardaroba alle riduzioni sui biglietti, fino ovviamente agli allestimenti delle mostre. Anche se inizialmente non aveva un interesse particolare per l’arte, ha dedicato gli ultimi anni della sua vita pensando sempre al museo”. Dal 1987 al 1995, Maria Teresa Bettarini – oggi direttore amministrativo del Festival di Spoleto – è stata il Segretario Generale del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci. Un progetto che ha seguito, come dipendente comunale, fin dai suoi albori, e che ora racconta nel libro Il Centro Pecci: costruire un’idea, Gli Ori editore, che sarà presentato giovedì, alle 18, al Pecci.

Tutto partì da un sogno del proprietario del più importante lanificio di Prato, che nel 1961 era diventato Cavaliere, per aver realizzato l’ospedale e una colonia estiva a Tirrenia. “Pecci sapeva che il suo cognome non sarebbe durato – racconta la Bettarini – e voleva ricordare suo figlio Luigi, morto in Grecia in un’immersione. Nacque così l’idea il progetto del primo museo d’arte contemporanea in Italia, con una struttura avanguardistica: a partecipazione mista di pubblico e privato”. Come direttore, fu chiamato l’israeliano Ammon Barzel, che giovedì parteciperà alla presentazione in videoconferenza. “Amava inframezzare i suoi discorsi con citazioni della Torah, un po’ come Moni Ovadia”.

A pochi mesi dalla data prevista per l’inaugurazione – giugno del 1988 – Enrico Pecci morì all’improvviso, per un infarto, alle Barbados. “A quel punto tutti si sentirono in dovere di rispettare i tempi. Fu un successo incredibile: la conferenza stampa si fece al Guggenheim di New York. Seguirono mostre storiche come quelle di Julian Schnabel, Gilberto Zorio, Vito Acconci, un’esposizione importantissima sugli artisti russi”. E soprattutto la mostra di Mario Merz: “ideò un enorme spirale che partendo dall’anfiteatro ‘avvolgeva’ l’intero spazio. Era completamente fatta di fascine, lo accompagni più volte dai boscaioli dell’appennino per raccogliere il materiale”.

La collaborazione della Bettarini col Pecci finisce nel 1995, quando da lì passa al Metastasio, che con l’arrivo di Massimo Castri stava diventando una Fondazione e si stava lanciando nell’avventura del Teatro Stabile. “Il libro finisce qui. Ho voluto raccontare la Prato di quegli anni Ottanta, con questa voglia di ‘lanciare il cuore oltre l’ostacolo’, come dicevano i nostri imprenditori. Erano gli anni in cui nasceva l’idea del museo del Tessuto, del museo di Palazzo Pretorio, della nuova sede della biblioteca Lazzerini”. Poi è arrivata la crisi, e quell’epoca mitica è svanita. Per fortuna i frutti, almeno in parte, si vedono ancora.

Gherardo Vitali Rosati
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